oppure in una case di riposo o affidati alle amorevoli cure delle suore dell’Ospizio.
Ma per queste macchine, figlie ambite della nostra civiltà, non c’è scampo: finiscono abbandonate, buttate via dove capita, magari sotto un ponte.
Non bisogna andare lontano per scovarle basta, se vi capita, fare una passeggiata un po’ ovunque sull’isola, magari verso Pollara o Valdichiesa, e ogni tanto sporgersi dalla strada.
Le vedrete sventrate, arrugginite e quasi irriconoscibili. Non hanno più posate da pulire, cibo da raffreddare, indumenti da lavare o pranzi da cucinare. Una vita di lavoro buttata giù da un ponte senza un grazie, senza riconoscenza.
Quante volte ci siamo innamorati di loro nei negozi, le abbiamo mostrate orgogliose ai nostri ospiti o le abbiamo apprezzate per il loro funzionamento… Ma tutto passa, tutto si dimentica.
Già siamo pronti ad accoglierne in casa di nuove, di più belle e più sofisticate, ma sempre con la stessa destinazione finale.
Eppure anche loro potrebbero essere affidate ai servizi e finire onorevolmente la loro vita.
Basterebbe un po’ di pazienza, di educazione e di rispetto da parte di tutti. Il tempo, magari, di metterle in un cantuccio e aspettare qualche giorno, il tempo necessario che qualcuno passi e le raccolga.
Pensiamoci: sono macchine, non possono dire nulla, non hanno sensibilità, sono state concepite solo per servirci e renderci la vita migliore.
Ma noi umani no! Noi siamo dotati di intelligenza, di sensibilità e, soprattutto, siamo responsabili della sopravvivenza di questo piccolo paradiso che ci è stato donato.
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