
La replica non si è fatta attendere: “Non siamo dei vini e non vogliamo etichette! Queste terre sono nostre e quello che si può fare lo dobbiamo decidere solo noi.”
La diatriba tra UNESCO e Amministrazioni è di lunga data, sin da quando nell’anno 2000 l’arcipelago venne inserito nei 691 siti protetti al mondo per le sue peculiarità ambientali, relative ai fenomeni vulcanici. Questa la motivazione.
In realtà, nella prima stesura del protocollo c’era un’altra motivazione, che riguardava “ le particolarità antropomorfiche specifiche delle popolazioni locali ”. Ma questa frase, dal sapore ambiguo, dopo molte proteste fu cassata. Si accolse pertanto solo la motivazione ambientale.
La dichiarazione di questi giorni riapre, dunque, una ferita mai chiusa e cioè considerare queste popolazioni come una “specie” da proteggere.
L’esasperazione c’è e si sente, come dimostra questa protesta a più voci: «Siamo terre che vivono di turismo, non vogliamo essere imbalsamati.
«La certificazione DOCG è una discriminazione inaccettabile, in quanto, secondo questi “Soloni”, si dovrebbero superare specifici e dettagliati test fisico-attitudinali finalizzati a dimostrare la conformità organolettica di ogni candidato alle norme previste dallo Statuto dell’Organizzazione. Una cosa assurda!
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