
“Ogni oggetto che noi vediamo, ogni singola pietra, rudere o luogo ha un suo senso che prescinde lo stato in cui si trova e anche se a noi questo ‘suo stato’ può apparire scalcinato, degradato, in procinto di crollare o di impedimento, rispetta comunque la logica del fluire del tempo.
Vi sono luoghi e cose che per definizione non possono essere portati alla pubblica fruizione, semplicemente perché la natura li ha voluti o resi tali.
Non dobbiamo dunque farci ingannare da queste nuove tecniche di conservazione.
In realtà tecniche quali il restauro conservativo dell’esistente o l’uso di materiali tradizionali, anche se accompagnati da assicurazioni su operazioni a impatto ambientale nullo, sono semplicemente ingannevoli.
Un esempio per capire meglio: il recupero di un muro degradato (che ricade in particolari zone), pur se eseguito con tecniche antiche, modernizza la prospettiva del tempo. In realtà, non disponendo più dei materiali originari per ricostruirlo, siamo costretti a racimolare tali materiali qua e là, ottenendo alla fine più un fac-simile dell’originale che un restauro vero e proprio.
L’AINTUP invece ritiene che in questi casi bisogna lasciare che tutto decada dignitosamente fino alla scomparsa, per non modificare nulla di ciò che la natura ha predisposto con sagace pazienza.
È dunque fuorviante la tesi dell’intervento al fine di evitare il deperimento dell’oggetto o, peggio, il voler riparare cose che ormai il tempo ha cancellato, perché si rischia di ritrovarsi a vivere in un bel presepe tutto ricostruito e dunque artificiale.
In quelle ferite, in quelle disposizioni sconnesse, in quelle pietre levigate dal vento e anche nel totale deperimento che gli elementi del tempo hanno inferto, è raccontata l’intera parabola dall’uomo, dalla pienezza della sua giovinezza fino al debolezza estrema della sua fine.
Non spetta a noi interrompere questo processo”.
Vedi Malfa nell'ultimo decennio!!!Che bel presepe...
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